Con il nuovo Patto per la Salute, il Governo e le Regioni hanno dato il via alla creazione di Ospedali di comunità, e cioè di strutture per i pazienti che, dopo i ricoveri ospedalieri, necessitano ancora di assistenza ma a bassa intensità.

Gli Ospedali di comunità, o Presidi Sanitari di assistenza primaria a degenza breve, accolgono quindi persone che non possono essere seguite al domicilio per mancanza di una rete famigliare di sostegno o perché necessitano di cure infermieristiche continue. Accolgono dai 15 ai 20 pazienti per un massimo di tre settimane, con cure h24 e sorveglianza continua, anche notturna, e possono prevedere anche ambienti protetti, con posti dedicati a pazienti con demenza o con disturbi comportamentali.

La gestione e l’attività sono basate su un approccio multidisciplinare, multiprofessionale e interprofessionale. L’Infermiere, in questo nuovo contesto, diventa il punto di riferimento primario dell’ospedale di comunità: infatti oltre all’assistenza, gli viene affidato il compito di gestione e organizzazione del nuovo ospedale. Al Medico o al Pediatra rimane invece la responsabilità clinica mentre per i festivi e di notte verrà allertata la Guardia Medica.

Per accedere all’Ospedale di comunità servirà una diagnosi e una prognosi definite, un “punteggio” di complessità e un programma di trattamento definito con il paziente e la famiglia. Sarà poi il Medico o Pediatra di base o il Medico ospedaliero che dovranno prescrivere la necessità del ricovero. L’obiettivo è far riacquistare al paziente le sue normali funzioni ma anche una sorta di formazione e addestramento su come poter gestire la malattia e prendersi cura di se stesso al meglio, conoscendo le nuove condizioni cliniche e terapeutiche.