Anche quest’anno si è tenuto a Roma il 23 e il 24 novembre, presso il Ministero della Salute, la sesta conferenza organizzata da Italia Longeva sul tema della Long Term Care (LTC). Due giornate ricche di interventi in cui si è discusso della riorganizzazione dei modelli di presa in carico dell’anziano fragile e multi-morbo e relativi orientamenti, delle declinazioni e buone pratiche a livello regionale, così come delineati dal PNRR, che saranno implementati attraverso la riforma del territorio.

“Gli anziani fragili sono doppiamente vittime della pandemia, che ha fermato anche quella timida tendenza che vedeva la long-term care del nostro Paese in progressiva espansione, sebbene lontana dal soddisfare i reali bisogni di assistenza della popolazione anziana, e con notevoli divari regionali – afferma Roberto Bernabei, Presidente di Italia Longeva – Oggi abbiamo l’occasione per dare una spinta a quel processo di modernizzazione dell’assistenza territoriale atteso da tempo, ma la disponibilità di risorse da sola non basta per gestire in maniera efficace la multi-morbilità dell’anziano moderno e il passaggio dalla fragilità alla disabilità. È tempo di uniformare il sistema ispirandosi ai migliori standard di valutazione del bisogno per permettere il migliore management clinico assistito dalla più moderna tecnologia”.

Nella seconda giornata del convegno, uno dei temi temi trattati è stato quello dell’importanza dell’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) e delle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) che sono due servizi fondamentali per gli anziani non autosufficienti che ad oggi si stima siano circa 3,8 milioni in Italia.

Il PNRR vuole dare una spinta all’ADI, ponendo come obiettivo quello di assistere a domicilio 1,4 milioni di anziani in Italia entro il 2026. Tutti i relatori intervenuti, però, si sono trovati d’accordo nel dire che c’è ancora molto da fare per far sì che l’ADI sia efficace, sottolineando la necessità di una buona comunicazione tra tutti gli attori coinvolti (Ospedali, Case di Cura, RSA e l’ADI stessa) per evitare informazioni frammentate ed il rischio di non prendersi cura in maniera adeguata degli anziani una volta che vengono dimessi dalle strutture di ricovero.

Oggi, vista la situazione che si è creata con la pandemia da Covid-19, è il momento giusto per intraprendere azioni concrete sul territorio, anche grazie agli strumenti tecnologici, per definire in modo chiaro il percorso che le cure domiciliari devono seguire.

Per quanto riguardano le RSA, dopo la pandemia, è emerso che i famigliari mostrano poca fiducia e paura nel ricoverare i propri cari in queste strutture. Per questo motivo, le RSA devono essere ripensate e riorganizzate attraverso:

  • Ammodernamenti strutturali: le strutture devono avere stanze di massimo due letti per tutelare la privacy degli ospiti e che siano in linea con la normativa vigente;
  • Formazione di tutto il personale sui temi dell’invecchiamento, della qualità dell’assistenza, delle contenzioni, etc.;
  • Cambiamenti organizzativi: nelle RSA deve esserci un Responsabile Sanitario che si deve occupare dell’applicazione di regole ed un infermiere che deve supervisionare gli anziani 24h su 24h;
  • Piano di assistenza mirato che faccia sì che tutte le strutture diventino parte di una rete di assistenza territoriale organizzata.