La distanza di due metri al chiuso potrebbe non bastare per sfuggire al rischio di essere contagiati. Questo è quello che emerge da uno studio coreano, riportato da alcune testate giornalistiche, e pubblicato sul Journal of Korean Medical Science.
Secondo questa ricerca, che ha voluto studiare la trasmissione del virus in luoghi chiusi, la distanza di sicurezza raccomandata – i famosi due metri – potrebbe non essere sufficiente a proteggerci dal contagio, almeno nei luoghi chiusi e provvisti di aria condizionata.
I ricercatori hanno analizzato le condizioni di un ristorante in Corea del Sud, dove alcune persone sono state infettate dal coronavirus nel giungo scorso. Tra queste, c’era anche uno studente che, secondo le loro analisi, avrebbe contratto il virus dopo solo 5 minuti di esposizione e a una distanza pari di 6,5 metri dalla persona infetta. Per capire come ciò possa essere avvenuto, i ricercatori hanno analizzato riprese video, interviste e i dati di geolocalizzazione ripresi dalla piattaforma sviluppata dalla Korea Disease Control and Prevention Agency. Dall’indagine è emerso che lo studente non ha mai avuto un contatto diretto con la persona infetta ma era seduto proprio lungo la corrente d’aria creata dal condizionatore.
“Incredibilmente, nonostante si trovasse a una certa distanza, il flusso d’aria scendeva dal muro, creando una corrente d’aria, e le persone che erano esposte sono state infettate”, ha spiegato al Los Angeles Times l’epidemiologo Lee Ju-hyung, tra gli autori dello studio. “Abbiamo concluso che si trattava di una trasmissione di goccioline infette a oltre due metri di distanza”.
Questi risultati confermano quindi che il rischio di trasmissione varia in base alle situazioni in cui ci si trova e la definizione di “contatto ravvicinato” (essere stati a contatto per 15 minuti entro i 2 metri) non è sempre valida. “In questo studio, le distanze tra gli infetti e le persone contagiate sono state superiori al raggio di trasmissione delle goccioline di saliva e cioè due metri”, hanno scritto gli autori. “Le linee guida sulla quarantena e sulle indagini epidemiologiche dovrebbero essere aggiornate per un miglior controllo e prevenzione della Covid-19”.
Via: Wired.it