Chi è l’anziano secondo la scienza? Quando ci si può considerare vecchi?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce i 65 anni come età di passaggio alla condizione di “anziano”, mentre le Nazioni Unite si collocano sui 60 anni, considerando aree geografiche svantaggiate per bassa aspettativa di vita alla nascita
Come si può intuire, questo condiziona anche l’immagine sociale della persona anziana, che vede nei Paesi industrializzati alzarsi sempre più l’asticella, considerando la piena produttività di molte persone over 60.
L’ ISTAT fornisce una fotografia dell’invecchiamento nella nostra realtà italiana, che rispecchia l’andamento generale: nel 2021 gli individui residenti nel Paese over 65 ammontavano a 13,9 milioni, pari al 22,9% della popolazione, considerando che negli anni sessanta si assestavano su soli 4,6 milioni (9,3%). L’ISTAT conviene che l’invecchiamento sia rappresentato dalla quota percentuale di soggetti over 65, ma dal momento che si tratta di persone ancora in piena attività, la soglia di ingresso nella cosiddetta terza età tende progressivamente a spostarsi in avanti.
Nel 2018 a Roma si è tenuto il 63° Congresso Nazionale della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), e qui è stata data una nuova definizione dinamica di anzianità (soglia da 65 a 75 anni), più confacente alle attuali performance fisiche e mentali, alla situazione demografica della popolazione italiana e, in generale, alle condizioni psicofisiche dei soggetti appartenenti a Paesi ad alto reddito. Per l’allungamento medio della speranza di vita alla nascita (in Italia 85 anni per le donne e 82 per gli uomini) è stata creata una nuova categoria di anzianità, dividendo le persone con più di 65 anni tra chi appartiene alla terza età (condizionata da buone condizioni di salute, inserimento sociale e disponibilità di risorse) e alla quarta età (caratterizzata da dipendenza da altri e decadimento fisico).
Come si può notare l’età è un concetto ampio, che può essere categorizzato in termini cronologici, biologici, nonché psicologici, ovvero basati su come le persone agiscono e si sentono. L’invecchiamento rappresenta dunque sia una sfida sia un’opportunità, aumentando la richiesta di cure primarie e a lungo termine, la richiesta di intensificazione di personale dedicato e la ridefinizione degli ambienti, affinché possano essere maggiormente age-friendly.
Quattro persone su dieci considerano la vecchiaia un concetto attribuibile al soggetto over 80: mera illusione o visione realistica di una terza età che non ha più il bastone?
Ritenere “vecchio” un 65enne a oggi risulta inopportuno, in quanto ricalca una condizione di benessere comparabile a un 55enne di una quarantina di anni fa.
Uno studio condotto dall’Università di Göteborg ha messo in luce come un 70enne di oggi sia cognitivamente più performante di un coetaneo di 30 anni fa, probabilmente perché la vecchiaia in epoca attuale consente di fruire di maggiori opportunità, stimoli, cultura e attività del passato.
Da questo articolo si delineano due potenziali strade tracciate, ovvero il vivere a lungo e appieno senza ancora sentirsi anziano, né cronologicamente né biologicamente, oppure vivere un tempo molto lungo, senza aver avuto abbastanza opportunità d’istruzione, sostegno sociale, tali da aver potuto saggiare una vita piena.
E tu quale strada stai percorrendo?