Il Patto di Salute con le Regioni, siglato lo scorso 18 dicembre dal Ministro della Salute Roberto Speranza, introduce la figura dell’Infermiere di famiglia.

Ma che ruolo dovrebbe ricoprire questa nuova figura?

Partiamo dalla premessa che l’Italia è il secondo paese per anzianità al mondo. Oggi, la cronicità riguarda più di 24 milioni di persone delle quali 12,5 milioni hanno multi-cronicità; numeri destinati ad aumentare negli anni a venire. Infatti, è stato stimato che nei prossimi dieci anni ben 8 milioni di anziani saranno cronici gravi e la metà di questi vivrà da sola.

L’Italia si troverà ad affrontare l’emergenza data dalla cronicità, e per questo è stata inserita questa nuova figura, l’infermiere di famiglia, che lavorerà negli studi e nelle strutture per assistere pazienti fragili e non autosufficienti promuovendo anche corretti stili di vita. L’infermiere affiancherà le figure già presenti sul territorio quali medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, gli specialisti ambulatoriali e i farmacisti. L’obiettivo è il riversamento dell’assistenza dall’ospedale al territorio.

La stima del numero di infermieri necessari è stata fatta da Fnopi, Federazione Nazionale degli infermieri, che sostiene ne servano uno ogni 500 assistiti, in totale oltre 30 mila. Di questi, 20 mila sono previsti nel Patto Salute e possono operare sia a domicilio che nelle strutture, negli ospedali di comunità e nei distretti per garantire la completa presa in carico integrata delle persone.

Fnopi individua inoltre tre livelli di attività: 1) ambulatoriale, per i pazienti a medio-bassa complessità; 2) domiciliare, per i bisogni di cura più intensi, bassi livelli di autonomia e “tutoraggio” a famigliari e/o badanti; 3) sociale, con il sostegno all’integrazione socio-sanitaria.

Sicuramente questa nuova figura aiuterà a favorire la promozione della salute della popolazione attraverso interventi di prevenzione, educazione e informazione sanitaria, influenzando positivamente la qualità della vita delle persone assistite.