5 anziani per 1 bambino. Un trend dell’invecchiamento della popolazione che è in costante crescita dal 1951. L’Istat ha recentemente messo a confronto i dati raccolti nel 2019 con quelli del primo Censimento della Repubblica Italiana che si è svolto nel 1951. All’epoca l’età media era 32 anni, mentre oggi è salita a 45 anni. Grazie ai progressi della scienza e della medicina, si vive più a lungo e meglio, e l’aspettativa di vita italiana è tra le più alte in Europa (83,2 anni).  La maggiore aspettativa di vita alla nascita può essere attribuita a una serie di fattori: progressi significativi in cure mediche, cambiamenti negli stili di vita e condizioni ambientali, cambiamenti nelle condizioni di lavoro.

In Italia, la quota di over 65 salirà dal 22,6% del 2018 al 34,3% nel 2060. L’indice di vecchiaia, indicatore che rappresenta il grado di invecchiamento di una popolazione, dato dal rapporto percentuale tra il numero degli ultrasessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni, risulta così in continua crescita. Nel 2020 l’indice è arrivato a 179,3%: ovvero abbiamo ben 179 anziani ogni 100 giovani.

Quale futuro può avere un Paese con questi numeri? Scuole vuote e strutture per anziani piene.

È chiaro che, per affrontare il progressivo invecchiamento della popolazione, dovrà crescere il numero di strutture di assistenza e ricovero per gli anziani. In Italia ci sono oggi solo 18,6 posti letto in RSA ogni 1000 abitanti over 65, contro una media Europea di 44 posti letto ogni 1000 abitanti.

La privacy nelle strutture per anziani

Nel fronteggiare questa problematica, si rende necessario anche cambiare il modo di vivere all’interno di queste strutture. Spesso non si pone la giusta attenzione al tema della privacy e vivibilità, privilegiando la valenza sanitaria di queste strutture. L’anziano viene ricoverato in RSA per ricevere le necessarie cure sanitarie in quanto bisognoso di assistenza e non più autosufficiente. Oltre a perseguire l’obiettivo primario che riguarda assistenza sanitaria e riabilitativa all’interno della struttura, bisognerebbe anche migliorarne la qualità della vita.

Per capire fino in fondo cos’è la privacy, partiamo dalla definizione del Vocabolario Treccani: “La vita personale, privata dell’individuo o della famiglia, in quanto costituisce un diritto e va perciò rispettata e tutelata.”

Privacy è un termine inglese usato per indicare la sfera privata degli individui, e quindi fa riferimento all’insieme di comportamenti o informazioni personali che non vogliamo diventino di dominio pubblico senza il nostro consenso. Negli ultimi anni si parla molto di tutela della privacy, ma per lo più riferita all’insieme di dati personali, informazioni e comportamenti d’acquisto raccolti da grandi società attraverso i siti internet. Qui invece intendiamo parlare di privacy intesa come diritto alla riservatezza. Diritto quindi, sancito e tutelato dalla Costituzione. Privacy è il rispetto della libertà della persona in ogni ambito.

Quando un anziano viene ricoverato in una struttura perde il suo ambiente di vita. La sua casa si riduce in una stanza, spesso condivisa, e i suoi possedimenti diventano unicamente il letto, l’armadio e il comodino. Non è quasi più padrone di scegliere, dovendosi rimettere agli orari prestabiliti di organizzazione della struttura e a tutte le norme che regolano l’istituzionalizzazione. Tutto questo è scoraggiante, lascia un senso di abbattimento e avvilimento nell’anziano già fragile.

Ovviamente, questo bisogno di privacy non è avvertito da tutti con la stessa intensità: alcuni si adattano bene ad un ambiente condiviso e vivono serenamente l’ingresso in struttura che offre loro la possibilità di non essere più soli, di aver dei momenti di collettività e ritrovarsi con persone con cui passare il tempo. Ma il bisogno di privacy sta evolvendo nell’arco del tempo: in passato era normale condividere stanze, anche a causa delle condizioni economiche che non permettevano altra scelta, ma con l’aumento del benessere, la sensibilità al problema e la ricerca di privacy crescono e diventano sempre più importanti.

Per consentire al Residente di sentirsi a proprio agio, come se fosse a casa propria, è necessario considerare e lavorare sull’aspetto architettonico delle RSA, partendo da una progettazione che consenta di avere spazi personalizzati che possano garantire il rispetto della riservatezza e della dignità dell’ospite. In fase di progettazione, privilegiando le camere singole si potrà offrire al Residente uno spazio personale e privato in cui vivere, senza dover condividere la stanza con uno sconosciuto che senz’altro ha usi ed abitudini diverse. Necessariamente tutti gli spazi interni ed esterni della struttura, sono costruiti seguendo gli standard legislativi e nell’ottica della funzionalità assistenziale e medica, ma occorre investire sul bilanciamento del rapporto tra necessità mediche e necessità di riservatezza. Bisognerebbe collocare la privacy allo stesso livello di importanza della cura.

L’arredamento e la personalizzazione della camera sono di primaria importanza. Infatti attraverso l’arredo l’anziano ricrea la sua casa, ovvero un luogo a lui caro e conosciuto attraverso l’inserimento di alcuni oggetti come piccoli soprammobili, quadri, foto, etc. che rendono l’ambiente più accogliente ed un luogo sicuro ed intimo in cui può sentirsi a casa.

Un ruolo determinante nell’ambito della privacy è svolto dal personale. Gli operatori non devono vedere l’anziano solo come fruitore di una prestazione, bensì come persona da conoscere, valorizzare e rispettare. Anche gli oggetti presenti nella camera, non devono essere visti come intralcio al proprio lavoro, ma quasi come un’estensione ed espressione della persona che li possiede. Gli oggetti presenti nella camera evocano ricordi e storie, facendo parte della sfera più intima della persona. Devono, anch’essi, essere rispettati come viene rispettata la persona. Allenare e incoraggiare nel personale questo tipo di sensibilità nei confronti dei Residenti, è molto importante per valorizzare la persona e la qualità della vita.

Inoltre, normalmente nelle strutture le porte delle stanze sono sempre aperte, andando quindi a contrastare con il diritto di privacy, in favore di una maggiore sicurezza e vigilanza nei confronti del Residente. Per tale motivo, quando il personale entra nella stanza del Residente, deve sempre ricordarsi che quella è casa sua e proprio come farebbe in una casa, anche se la porta fosse aperta, deve bussare e chiedere permesso, entrando solo dopo aver ricevuto un segno di assenso. Anche l’igiene personale è un momento estremamente delicato che il personale deve considerare possa essere vissuto con disagio da parte del Residente. Il personale deve coinvolgere il Residente comunicandogli cosa sta facendo, privilegiando anche le sue preferenze, proponendogli ad esempio un capo di abbigliamento piuttosto che un altro, rimanendo sempre in contatto visivo con la persona e dialogando con lei per farla sentire meno in imbarazzo nonché offrendo un momento speciale, accompagnato – perché no – da una carezza o da una parola affettuosa. Incoraggiamo inoltre gli operatori a rivolgersi ai Residenti con il “Lei”, perché non sono né nostri nonni, né nostri familiari. Il “Lei” è una forma di rispetto a cui le persone anziane generalmente tengono molto.

Infine, privacy vuol anche dire non anticipare i tempi di una persona. Se per esempio un Residente riesce ancora a mangiare o a vestirsi da solo, l’operatore dovrà dargli la possibilità di poterlo fare in autonomia. Dovrà semplicemente chiedergli se vuole essere aiutato ma non anticiparlo nelle azioni. Certo, ciò si scontrerà con i minutaggi ed il poco tempo a disposizione per assistere i Residenti, ma ciò può essere risolto con piccoli e semplici accorgimenti, come per esempio ritornare in camera qualche minuto dopo per verificare che il Residente si sia vestito da solo, piuttosto che verificare se ha terminato il cibo nel piatto.

Sono tutti piccoli accorgimenti, ma determinanti nel rispetto della Privacy, della libertà e dell’intimità della persona. Dobbiamo sempre ricordarci che le Residenze per anziani, prima di essere luoghi di cura, sono luoghi di vita, dove i Residenti devono vivere con dignità.

Concludendo, due sono i “Drive” che gli operatori devono integrare nella loro azione quotidiana con i Residenti: identità e autonomia. Il primo: il Residente deve essere sempre sé stesso nel tempo e nello spazio e nelle relazioni con gli altri. Il secondo: il Residente deve essere in grado di agire liberamente senza interferenze esterne. Pertanto, la possibilità di uno spazio fisico che possa accogliere anche solo pochi oggetti personali, poter decidere, in base ai propri interessi, di partecipare alle attività singole o di gruppo, e l’opportunità di continuare ad avere un rapporto intenso con i propri parenti, costituiscono la base per poter continuare ad avere una propria identità anche all’interno di una Struttura. Altrettanto vale per l’autonomia cognitiva: bisognerebbe condividere le decisioni assistenziali con il Residente il quale, anche se fisicamente dipendente, può assumere un atteggiamento più collaborativo alle cure allorquando gli è stata data la possibilità di avere informazioni precise ed una sorta di controllo decisionale sulle attività assistenziali di cui ha bisogno.